Archivio mensile:Giugno 2017
CAMBIARE….
C’E’ SEMPRE…..
ABBRACCIO….
VOLER BENE…
GIOIA , SAGGEZZA…NOSTALGIA!
Mia nonna materna mi raccontava che ai suoi tempi accadeva tutto nella semplicità, ma in quella semplicità c’era tutto un mondo perfetto, solidale, sereno in cui lei non si ritrovava più, spesso mi prendeva per mano e cominciava a raccontarmi uno dei suoi tanti meravigliosi ricordi portandomi a passeggiare in giardino…
“Tesoro mio sai la domenica bisognava lavarsi bene, pettinarsi bene e mettere vestiti buoni. La domenica per andare a messa bisognava essere tutti in ordine. Succedeva solo alla domenica, gli altri giorni andava bene tutto. Che la maglia non fosse proprio pulita, che avessi o non avessi le calze, che ti fossi bene lavato, pettinato….Gli altri giorni non ci faceva caso nessuno. Si prendeva quello che si era lasciato la sera sul letto della zia Cina (zia di nonna) dove dormivano in tre e con lei, quattro. La sua camera era la prima, salendo le scale, girato a sinistra. Di fianco altre scale salivano al granaio, aveva solo una piccola finestra che dava al monte. Dopo un’altra stanza grande che ricordo sempre coperta da pannocchie di granoturco o da altro quando non c’erano le pannocchie. Vicino alla finestra un armadio sempre piccolo e piccoli vestiti dentro. Pochi , appesi con le grucce di legno e collettini di pizzo allineati da una parte. In quella camera tolto il letto era tutto piccolo. Non c’erano sveglie a misurare il tempo, solo i grilli di notte, nessuna stella perché non si vedeva il cielo e il canto del gallo la mattina prima ancora della luce. In quella stanza il tempo lo segnavano il silenzio, i grilli d’estate e il gallo. Con quello ci si addormentava o ci si svegliava. La zia Cina solitamente era la prima ad alzarsi, poi noi…dopo di lento e leggero non c’era più niente. Maglie raccolte dal pavimento, un paio di pantaloni, scarpe tante senza calzettini perché il paio spaiava sempre nella confusione. Corse di sotto, una tazza di latte e poi fuori.
Solo la domenica tutto cambiava…..
C’era un orario in cui alzarsi, c’erano madri zie a dirti quale camicia, quali pantaloni, quale gonna quali calzettini, mai quali scarpe. Di buone ce n’erano un paio. E poi sempre madri, zie ad obbligarti più acqua e più cura nel lavarti e una zia ( la Cina sempre lei) ci metteva in fila per pettinarci. Per i maschi era tutto più facile, capelli corti, bastava passare il pettine. Per noi femmine era un calvario, capelli lunghi, e quel pettine a districare, a tirare, a legare in fretta senza lamentele. Una volta controllato che tutti fossimo in ordine potevamo scendere in cucina. Proibita ogni corsa nella corte per non cominciare tutto da capo. Il tempo d’attesa lo spendevamo spiando i più grandi, soprattutto le femmine, non capivamo quel cercare nei pochi vestiti, non capivamo l’emozione per uno nuovo comperato al mercato del paese e , soprattutto non capivamo quelle mosse davanti agli specchi spostando i capelli un po’ di qua e un po’ di là. I grandi sembravano prendere gusto in quella perdita di tempo e noi bambini prendevamo gusto di quel loro teatro.
Ultime a prepararsi madri e zie. Ogni domenica alternate per accompagnarci a messa, la strada per arrivare alla parrocchia era lunga, metà strada di campi, poi asfaltato all’altezza di una torre per l’elettricità. Partivamo tutti, piccoli e grandi, tenendo in mano una sporta, dentro le scarpe buone. Ai piedi quelle di tutti i giorni che stonavano non poco con l’ordine di vestiti e capelli. Prima della torre c’era la casa rossa, grande, con il rosso quasi perso nelle piogge e nel caldo. Vicino un rovo di more. Lì nascondevamo i sacchetti con le scarpe vecchie e calzavamo le buone. Dopo era asfalto, sguardi di paese, richiami e quell’andare strano delle cugine più grandi, dritte come scope, con lo sguardo che si abbassava a maschi che non erano della corte e soprattutto con parole che a noi parevano tanto insulse. Stessa cosa per i ragazzi, una spavalderia più studiata e cosi meno vera. Al ritorno al contrario cambiare scarpe, tornare alle vecchie e nel sacchetto quelle buone. Il ritorno era migliore, meno richiami, meno teatro di maschi e femmine, madri e zie distratte in racconti mescolati. Nessuno , però, sembrava stupirsi al fatto di ritrovare le scarpe vecchie, nella casa rossa ci vedevano tutti con i sacchetti, cambiarci e tornare indietro. Ci vedevano tutti ma nessuno ci ha mai portato via qualcosa e non perché valesse poco, perché era cosi. Cosi come i cesti di ciliegie lasciati colmi ai lati dei campi e mai che venisse in mente di prenderne una. Che nostalgia!”
La vita è semplice riempitela di significati….
Buona vita!!!
Daniela Bonati
VACCINARSI……SOCIETA’ SENZA MEMORIA
Premesso che sono favorevole alle vaccinazioni. La questione vaccini scoppiata in tutta la sua virulenza, e non è un eufemismo, in questi ultimi tempi mi fa pensare sempre di più che siamo una società senza memoria. Non sappiamo più cosa significhi rimanere storpiati per tutta la vita dalla poliomielite o vedere decimata l’intera famiglia a causa di un’influenza particolarmente virulenta come la proverbiale spagnola. Forse ormai sono ricordi lontani anche nella memoria dei nostri nonni. Credo che le opinioni abbiano preso il posto dei fatti…Credo che la politica non deve mai intromettersi nella scienza e la salute, ma che debba occuparsi del bene , sicurezza, giustizia del proprio popolo.
Siamo una Società senza memoria. non riusciamo più a comprendere cosa abbiano significato per l’umanità invenzioni come i vaccini e gli antibiotici.Nella storia infatti le malattie infettive, e le pandemie che scatenavano , sono state la prima causa di mortalità umana. addirittura hanno cambiato gli eventi e guidato in un certo senso la storia stessa, basterebbe ricordare la peste nera che nell’Europa del XIV secolo che ha ucciso un terzo della popolazione del Vecchio Continente o anche come il vaiolo abbia causato l’immane strage degli indigeni nelle Americhe poco dopo la loro scoperta. L’invenzione dei vaccini e degli antibiotici hanno completamente interrotto questo eterno e macabro ripetersi della storia. Oggi purtroppo questa società lo dà per scontato.
Secondo me la vaccinazione obbligatoria o di massa fornisce essenzialmente due vantaggi: la protezione delle persone e la protezione della popolazione. Sono due fenomeni cari miei che camminano insieme. infatti la persona singola protetta dal germe grazie al vaccino allo stesso tempo non permette la trasmissione del germe stesso. Questo io lo chiamo “effetto gregge” necessario nella condizione umana tipica della civiltà moderna, quella prevalentemente urbana e sociale dove molto spesso ci capita di stare in contatto con molte persone di diverse etnie, come nel caso dei trasporti pubblici, scuole, uffici….
Credo che i mass media sicuramente hanno come obbiettivo centrale la notizia, ma nel caso dei vaccini è successo che hanno piegato le verità scientifiche e storiche all’esigenza di costruire scoop e scalpore. Poniamoci domande sulla deontologia di giornalisti: hanno una riconosciuta competenza per scrivere e parlare specificatamente del problema? Ma anche l’Ordine dei Medici ha le sue responsabilità: non controllando medici alla ricerca di strade nuove senza basi scientifiche, totalmente palloni d’aria fritta e anche riconosciute sbagliate(vedi il caso di Treviso, medico anti vaccini radiato). La Comunità scientifica a mio avviso non ha saputo difendere con autorevolezza il proprio lavoro ed informare correttamente sui vantaggi per esempio della vaccinazione nella storia dell’umanità.
Non credo alla questione case farmaceutiche nel caso vaccini e vi spiego perchè: dobbiamo piantarla tutti quanti con la criminalizzazione dell’industria farmaceutica , è pacifico che essendo dei privati perseguano come obbiettivo il profitto. questo deve essere costantemente commisurato però alla salute del singolo e della popolazione ed è un compito delle Istituzioni pubbliche nazionali e internazionali (SIC!) Penso che sia una dinamica classica, naturale che deve essere trasparente tra controllore e controllato. Ecco sui vaccini si può dimostrare chetale rapporto sia equilibrato e corretto. L’industria farmaceutica infatti guadagnerebbe molto di più con medicinali diversi dai vaccini, che nell’arco d una vita vengono usati di solito una singola volta o poche altre grazie ai richiami. inoltre il caso del vaiolo è illuminante a riguardo: riconosciuto dalla comunità scientifica come un vaccino con una serie di problematici effetti collaterali vista la sua composizione, nel momento in cui è stata constatata l’eradicazione totale del vaiolo grazie alla campagna di massa svolta, il Sistema Sanitario Italiano l’ha escluso dalla vaccinazione obbligatoria, eliminando un sicuro profitto alle case farmaceutiche che lo producevano.
Oggi pur se è un fatto e non un’opinione che nel mondo si vive di più e il merito va al metodo scientifico e alle evidenze prodotte, si rischia di cedere all’idea che la salute possa essere un fatto fai-da -te. eppure non manca anche in politica chi sostiene e alimenta tutto questo , insinuando che i dati prodotti dalla comunità scientifica sono falsi, piegati a quale interesse economico di questa o quella multinazionale. Le fake news fanno leva sulle paure delle persone e sono alla base di quella che molti definiscono l’era della post-verità. Siamo in un’epoca nella quale nessuno si fida più di nessuno, e il sapere, la scienza, le competenze non hanno più un valore.
Con affetto la Vostra Daniela Bonati affetta da TBC nel 2008, debellata grazie alla scienza e ricerca.
Buona vita!!!